Il carisma eremitico

IL CARISMA EREMITICO

La sua fama si diffondeva sempre di più e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie.
Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare (Lc 5, 15-16).

I più grandi Santi, quando potevano evitavano le compagnie umane, e sceglievano di vivere per Dio, in segreto
(Imitazione di Cristo, Lib. I, cap. XX, v. 5).

Introduzione
In questo insegnamento cercheremo di individuare gli elementi specifici della vita eremitica.
Nella prima parte passeremo in rassegna le varie forme di consacrazione cristiana.
Nella seconda parte preciseremo le varie forme di consacrazione religiosa.
Nella terza parte studieremo i testi ecclesiali sulla vita eremitica.
Nella quarta parte presenteremo il carisma particolare dell’eremitismo urbano.

PRIMA PARTE: FORME DI CONSACRAZIONE CRISTIANA

A. La consacrazione battesimale
Tutti i cristiani, grazie al Battesimo, sono consacrati al Padre da Cristo, per mezzo dello Spirito Santo:
«Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini (cf. Eb 5, 1-5), ha fatto del nuovo popolo di Dio “un regno di sacerdoti per Dio suo Padre” (Ap 1, 6; cf. 5, 9-10). I battezzati infatti vengono consacrati mediante la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo, per essere un’abitazione spirituale e un sacerdozio santo, e poter così offrire in sacrificio spirituale tutte le attività umane del cristiano, e annunciare i prodigi di colui che dalle tenebre li ha chiamati alla sua luce ammirabile (cf. 1 Pt 2, 4-10)» (CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Lumen gentium, 10).
La consacrazione battesimale abilita i cristiani a vivere da figli di Dio, esercitando le virtù teologali della fede, della speranza e della carità.

B. La consacrazione sacerdotale
Nell’Ultima Cena, insieme all’Eucaristia Cristo ha istituito il Sacerdozio ministeriale:
«Durante l’Ultima Cena, Cristo ha lasciato alla Chiesa questo suo sacrificio – il sacrificio della nuova ed eterna Alleanza – come Eucaristia: il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue sotto le specie del pane e del vino “al modo di Melchisedek” (Sal 110, 4; cf. Eb 7, 17). Quando dice agli apostoli: “Fate questo in memoria di me!” (Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24s.) egli costituisce i ministri di questo Sacramento nella Chiesa, nella quale per tutti i tempi deve continuare, rinnovarsi e attuarsi il sacrificio da lui offerto per la redenzione del mondo, ed a questi stessi ministri ordina di operare – in forza del loro sacerdozio sacramentale – in sua vece: “in persona Christi”» (Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo, 4 aprile 1985, 1).
La consacrazione sacerdotale abilita alcuni cristiani a servire il popolo di Dio con la carità di Cristo Buon Pastore, nel cui nome annunciano il Vangelo, celebrano i Sacramenti e guidano le comunità.
«L’imposizione delle mani del Vescovo, insieme con la preghiera consacratoria, costituisce il segno visibile di tale consacrazione» (CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 1538).

C. La consacrazione religiosa
Tra tutti i battezzati, laici o sacerdoti, il Signore chiama alcuni a vivere una «speciale conformazione a Cristo vergine, povero e obbediente» (GIOVANNI PAOLO II, Vita consecrata, 31). «A questa chiamata corrisponde uno specifico dono dello Spirito Santo, affinché la persona consacrata sia in grado di rispondere alla sua vocazione e al suo compito. Per questo, come testimoniano i riti sia dell’Oriente che dell’Occidente, nella celebrazione della professione monastica o religiosa e nella consacrazione delle vergini, la Chiesa invoca sulle persone prescelte il dono dello Spirito Santo e associa la loro offerta al sacrificio di Cristo» (GIOVANNI PAOLO II, Vita consecrata, 30).
La consacrazione religiosa si esprime e si realizza attraverso la professione dei tre consigli evangelici – castità, povertà e obbedienza – e ha il «compito di rendere in qualche modo presente la forma di vita che Cristo ha scelto e di indicarla come un valore assoluto ed escatologico» (GIOVANNI PAOLO II, Vita consecrata, 29). Le persone consacrate ricordano a tutti i battezzati che, pur non essendo chiamati a vivere effettivamente e materialmente i consigli evangelici, li devono però abbracciare affettivamente e spiritualmente (cf. 1 Cor 7, 29-31), sapendo che è la forma di vita migliore, in quanto è quella che ha scelto Cristo e che sarà la condizione di tutti nella beatitudine eterna.
SECONDA PARTE: FORME DI VITA CONSACRATA

Semplificando si possono classificare le varie forme di “speciale consacrazione” avendo come criterio l’esperienza di Cristo (A: classificazione cristologica), oppure il modo di assumere la professione dei consigli nella Chiesa (B: classificazione canonica).

A. Classificazione cristologica
La forma di vita abbracciata da Cristo è stata vissuta da Lui con una perfezione divina, per cui coloro che seguono le Sue orme attraverso una speciale consacrazione possono imitarne solo un aspetto; questo spiega la grande varietà di carismi che sta all’origine delle forme di vita consacrata “in senso stretto”. Possiamo raggruppare la varietà dei carismi in tre grandi famiglie:
1) La vita consacrata contemplativa
a) Questa forma di vita consacrata imita e ripresenta Cristo che si ritira in solitudine per pregare.
b) Dà il primo posto alla relazione con Dio, organizzando la vita quotidiana in funzione dell’incontro diretto con Lui nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera (liturgia e orazione).
c) Comprende:
• Comunità religiose (es.: Benedettini, Camaldolesi, Carmelitani, Certosini, Clarisse, ecc.).
• Eremiti.
2) La vita consacrata attiva (o apostolica)
a) Questa forma di vita consacrata imita e ripresenta Cristo che inaugura il Regno di Dio con il suo ministero pubblico di predicazione del Vangelo, di liberazione dal maligno e di guarigione dalle malattie.
b) Dà un posto importante alla relazione diretta con il prossimo, al fine di servirlo nelle sue necessità spirituali (istruzione, evangelizzazione) e corporali (indigenza, malattia).
c) Comprende:
• Comunità religiose (es.: Camilliani, Francescani, Gesuiti, Domenicani, Salesiani/e, Comboniani/e, Canossiani/e, ecc.).
• Vergini consacrate.
3) La vita consacrata secolare
a) Questa forma di vita consacrata imita e ripresenta Cristo che condivide in tutto (in particolare nei trent’anni di vita umile ed ordinaria a Nazareth) la condizione di vita dei Suoi contemporanei, operando la salvezza del mondo in modo nascosto (come il lievito nella pasta) compiendo ogni cosa in filiale comunione con la volontà del Padre.
b) Si prefigge di vivere nelle varie attività del mondo, con l’obiettivo (assunto con fede e amore, ma senza dichiarare pubblicamente la propria specifica consacrazione) di orientarle secondo la volontà di Dio e nello spirito evangelico.
c) Coloro che l’abbracciano vivono contemporaneamente:
• Aspetti comunitari:
o sono inseriti in Istituti con incontri regolari per la formazione, la condivisione e le decisioni da prendere;
o hanno contatti quotidiani nel loro ambiente di lavoro;
o possono vivere in fraternità o in famiglia (in cui non si sa, però, che sono persone consacrate).
• Aspetti solitari:
o non condividono ordinariamente e quotidianamente la preghiera e la vita fraterna con i membri del proprio Istituto;
o possono vivere da soli.

B. Classificazione canonica
Poiché la vita di speciale consacrazione appartiene alla Chiesa come una sua realtà costitutiva e preziosa, i Pastori hanno stabilito delle norme per favorirne l’autenticità e la stabilità; queste norme sono raccolte nel CODICE DI DIRITTO CANONICO, Libro secondo (il popolo di Dio), parte terza: Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (canoni 573-746).
A partire dalle norme canoniche possiamo classificare le varie forme di vita consacrata considerando:
a) Il modo di assumere i consigli evangelici; da questo punto di vista possiamo distinguere:
• Gli Istituti religiosi, nei quali i tre consigli evangelici sono assunti con voti pubblici.
• Gli Istituti secolari, nei quali i tre consigli evangelici sono assunti con voti che rimangono riservati.
• Le Vergini consacrate, che assumono pubblicamente solo il voto di castità.
• Le Società di vita apostolica, nelle quali ordinariamente i consigli evangelici non sono assunti con voti.
b) Le relazioni tra persone consacrate; da questo punto di vista possiamo distinguere coloro che vivono:
• In fraternità, come negli Istituti religiosi di vita attiva e nelle Società di vita apostolica.
• In comunità, riservando spazi e tempi adeguati alla solitudine, come negli Istituti religiosi di vita contemplativa.
• In solitudine, separati dal mondo e dagli altri solitari (eremiti in senso stretto).
c) L’autorità ecclesiastica competente a riconoscere le persone consacrate; da questo punto di vista possiamo distinguere le forme di vita consacrata di diritto:
• Diocesano, quando sono riconosciute dal Vescovo diocesano (Istituti religiosi all’inizio della loro esperienza o numericamente modesti; Vergini consacrate; Eremiti).
• Pontificio, quando sono riconosciute dalla Sede Apostolica (Istituti religiosi il cui carisma li porta ad operare oltre i confini della Diocesi, e che sono numericamente importanti).

COROLLARIO
Gli eremiti sono persone consacrate che hanno un carisma contemplativo, che vivono in solitudine (sia rispetto al mondo che rispetto ad altri eremiti) e che assumono i tre consigli evangelici professandoli pubblicamente nelle mani del Vescovo diocesano.

TERZA PARTE: TESTI ECCLESIALI SULLA VITA EREMITICA

Il Magistero della Chiesa ci offre i tre testi seguenti sulla vita eremitica.

Codice di Diritto Canonico, can. 603 – (25 gennaio 1983)
§ 1. Oltre agli istituti di vita consacrata, la Chiesa riconosce la vita eremitica o anacoretica con la quale i fedeli, in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine, nella continua preghiera e penitenza, dedicano la propria vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo.
§ 2. L’eremita è riconosciuto dal diritto come dedicato a Dio nella vita consacrata se con voto, o con altro vincolo sacro, professa pubblicamente i tre consigli evangelici nelle mani del Vescovo diocesano e sotto la sua guida osserva il programma di vita che gli è proprio.

Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921 – (11 ottobre 1992)
921. Gli eremiti indicano ad ogni uomo quell’aspetto interiore del mistero della Chiesa che è l’intimità personale con Cristo. Nascosta agli occhi degli uomini, la vita dell’eremita è predicazione silenziosa di Colui al quale ha consegnato la sua vita, poiché egli è tutto per lui. È una chiamata particolare a trovare nel deserto, proprio nel combattimento spirituale, la gloria del Crocifisso.

Giovanni Paolo II, Vita Consecrata, nn. 7 e 42 – (25 marzo 1996)
7. Gli eremiti e le eremite, appartenenti ad Ordini antichi o ad Istituti nuovi, o anche dipendenti direttamente dal Vescovo, con l’interiore ed esteriore separazione dal mondo testimoniano la provvisorietà del tempo presente, col digiuno e la penitenza attestano che non di solo pane vive l’uomo, ma della Parola di Dio (cfr. Mt 4, 4).
Una tale vita «nel deserto» è un invito per i propri simili e per la stessa comunità ecclesiale a non perdere mai di vista la suprema vocazione, che è di stare sempre con il Signore.
42. [...] Gli eremiti, nella profondità della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo.

Da questi testi ecclesiali, che ci offrono ad un tempo un insegnamento e una regola, possiamo ricavare un profilo del carisma eremitico, considerato nelle sue note specifiche (I), nel suo rapporto ecclesiale (II) e nella sua spiritualità (III).

I. NOTE SPECIFICHE
a) Perché una persona consacrata sia eremita è necessario che viva «una più rigorosa separazione dal mondo» (canone 603 § 1). Questa separazione rende possibile una particolare solitudine esteriore, che implica distacco dalle creature e nascondimento: è il «deserto» del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921. La solitudine esteriore favorisce il silenzio esteriore.
b) Il silenzio esteriore favorisce il silenzio interiore, cioè quel raccoglimento e quella pace che derivano dal distacco (il non pensarci, il non preoccuparsene, il non desiderarle) dalle creature; questo distacco non può e non deve essere assoluto (abbiamo bisogno degli altri e vale anche per gli eremiti che il cuore della vita cristiana è l’amore di Dio, verificato nell’amore al prossimo), ma se non c’è un distacco effettivo, non c’è vita eremitica.
c) Il silenzio interiore rende possibile la relazione d’amore con il Signore, che è la vocazione di ogni cristiano (cfr. Ef 1, 4-5), ma che per l’eremita deve diventare sempre di più:
• profonda: è «l’intimità personale con Cristo» di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921;
• esclusiva: «poiché Egli è tutto per lui» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 921); l’eremita assieme alla sua vocazione riceve una grazia particolare per poter maturare nell’amore divino sottraendosi il più possibile alle relazioni umane per immergersi totalmente nella relazione con Dio in Cristo;
• continua: questa continuità è indicata nello «stare sempre con il Signore» del n. 7 di Vita consecrata e nella «continua preghiera» del canone 603 § 1.
Dalla relazione d’amore con il Signore Gesù, che ci inserisce nel Suo Corpo Mistico, che è la Chiesa, deriva anche per l’eremita la necessità del rapporto ecclesiale.

II. RAPPORTO ECCLESIALE
a) L’eremita riceve dalla Chiesa tutto quello che gli consente di essere discepolo di Cristo: l’annuncio del Vangelo, la grazia dei Sacramenti, il servizio dei Pastori che lo guidano nella verità e nella volontà di Dio, l’edificazione reciproca nell’amore all’interno della Comunione dei Santi.
b) L’eremita riceve dalla Chiesa le indicazioni autorevoli per vivere autenticamente la sua particolare vocazione (cfr. i tre testi ecclesiali specifici sopra riportati, insieme a tutte le indicazioni fondamentali che vengono date per ogni forma di vita consacrata).
c) L’eremita riceve dal Vescovo della sua Chiesa locale (Diocesi):
• il discernimento ultimo della sua vocazione;
• l’approvazione della sua Regola di vita (canone 603 § 2);
• la possibilità di professare pubblicamente nelle sue mani i tre consigli evangelici (canone 603 § 2);
• la possibilità di vivere nell’obbedienza, avendo lui come legittimo Superiore (canone 603 § 2).
d) L’eremita dona alla Chiesa:
• il servizio spirituale dell’intercessione fatta di preghiera (come Mosè sul monte) e di sacrificio (come Cristo sulla Croce);
• la testimonianza della priorità dell’amore di Dio e della «provvisorietà del tempo presente» (Vita consecrata, 7).

III. SPIRITUALITÀ
a) L’eremita crede che l’amore accolto da Dio e a Lui ridonato è la suprema vocazione dell’uomo. Crede che solo nella relazione con Cristo si può compiere tale vocazione.
b) L’eremita accetta di essere separato dal mondo per un’iniziativa misteriosa di Dio, confidando che con la vocazione Lui dona anche l’aiuto necessario. Crede che Cristo gli “basta” per diventare santo nell’amore; crede che diventando sempre più santo dà alla Chiesa e al mondo l’aiuto più prezioso.
c) L’eremita abbraccia con coraggio le mortificazioni che sono legate alla sua vocazione (penitenze stabilite dalla Regola, penitenze impreviste), sapendo che deve combattere e rinnegare senza tregua il suo amor proprio per diventare come Gesù e come Maria un “Sì” filiale e totale all’amore del Padre.
d) L’eremita veglia per essere umile (nella sua vita tutto è dono e nulla è acquisito una volta per sempre), fedele (l’obbedienza alla Regola è la via più sicura per perseverare nella volontà di Dio) e riconoscente (anche se la via è stretta, gli è stata riservata da Dio la parte migliore: Lc 10, 42, una eredità magnifica: Sal 15, 6).

QUARTA PARTE: L’EREMITISMO URBANO

È POSSIBILE?
A prima vista la vita eremitica e la città sembrano incompatibili, per il semplice motivo che la città è costituita da molte persone che vivono insieme, mentre l’eremita è chiamato a vivere da solo.
In realtà la solitudine è possibile anche in città perché:
• molte persone alloggiano da sole (un terzo dei nuclei abitativi in Padova è occupato da single); questo può avvenire per scelta (giovani che lasciano la casa paterna per essere autonomi) o per necessità (persone separate/divorziate; anziani);
• l’essere immersi in una massa produce l’esperienza dell’anonimato: le persone che si incrociano non hanno nome e il più delle volte non costruiscono relazioni personali, anche quando si scambiano informazioni e servizi.
L’eremita può vivere da solo in città perché:
• può trovarvi un alloggio autonomo sufficientemente tranquillo;
• può limitare le sue “uscite” allo stretto necessario;
• può passare abbastanza inosservato tra la folla (“abbastanza” e non del tutto, a motivo dell’abito; ma la gran parte della gente va di fretta e pensa ai fatti suoi).
È chiaro, comunque, che la città non è il posto migliore per un eremita perché:
• non è possibile godervi un perfetto silenzio;
• ci sono diverse occasioni per essere distratti e disturbati;
• bisogna mettere sul conto uno stress supplementare perché:
o le possibilità di movimento sono ridotte per l’esigenza della solitudine;
o manca il contatto benefico (per il corpo e la psiche) con la natura.

PERCHÉ?
Visto che la città non è l’ambiente ideale per la vita eremitica, perché alcuni eremiti scelgono di vivere in città?
A questa domanda si possono dare due risposte:
1) Dal punto di vista del percorso personale, un eremita sceglie di vivere in città quando riconosce che questa è la volontà di Dio per lui.
2) Dal punto di vista del disegno che la divina Provvidenza sta realizzando per la salvezza di tutti gli uomini, possiamo pensare che il buon Dio colloca degli eremiti proprio all’interno di una città per:
• ricordare agli uomini, così spesso assorbiti dalle cose terrene, che il grande guadagno della vita (Mt 16, 26) è costruire una storia d’amore con Dio, storia d’amore:
o alla quale l’eremita dedica tutta la sua esistenza;
o che, sola, consente di amare autenticamente anche il prossimo;
• testimoniare ai discepoli del Signore e a tutti coloro che cercano Dio, che la solitudine e il silenzio:
o sono necessari alla vita interiore e alla preghiera di tutti;
o sono possibili anche in città, secondo le particolari condizioni di ciascuno;
• suggerire a chi è solo per necessità che la solitudine può diventare una via di pace, di comunione e di fecondità, se vissuta all’interno di un’intima amicizia con Cristo;
• stare davanti a Dio, sulla breccia della preghiera continua e del sacrificio, per intercedere a vantaggio di tutti (Sal 105, 23; CODICE DI DIRITTO CANONICO, can. 603 § 1).

COME?
La vita eremitica in città, pur ardua, è possibile:
1) Perché il buon Dio con la vocazione dona sempre anche la grazia per realizzarla.
2) Elaborando una Regola di vita (CODICE DI DIRITTO CANONICO, can. 603 § 2) in accordo con il Vescovo diocesano, che diventa per l’eremita il punto di riferimento ecclesiale, sia per il discernimento che per il vincolo di obbedienza.
3) Coltivando la “separazione dal mondo” per mezzo:
• dell’abitazione solitaria;
• dell’orientamento a concentrare le uscite necessarie in una metà della giornata, mattino o pomeriggio;
• dell’intero giorno di deserto settimanale;
• di una vigilante economia riguardo agli incontri, ai rapporti con i familiari e all’uso del telefono, della radio, della stampa e del computer (per lavoro), ferma restando la scelta di non avere televisione.

APPENDICE: L’ESPERIENZA DELLA “LAURA”

COS’È LA LAURA
Le Laure erano dei raggruppamenti di anacoreti, cioè di monaci che pur vivendo da soli, si riunivano come discepoli attorno alla figura di un Anziano, per condividere regolarmente esperienze e preghiera, in particolare la solenne liturgia del sabato e della domenica. Il termine laura in greco significa “sentiero” e fu scelto prendendo spunto dalla rete di sentieri che univano le celle dei singoli eremiti al luogo comunitario centrale e tra di loro.

I BENEFICI DELLA LAURA
La Laura, mentre rispetta gli aspetti specifici della vocazione eremitica, offre agli eremiti che vi aderiscono:
1) momenti di preghiera e di Lectio comunitarie;
2) un percorso organico di formazione dottrinale e spirituale;
3) una semplice, regolare e concreta occasione di condivisione fraterna;
4) un mutuo sostegno economico.

IL PROFILO CANONICO DELLA LAURA
Poiché ogni eremita ha fatto voto di obbedienza al Vescovo diocesano, compete a questi approvare la costituzione della Laura e vegliare sulle sue attività. Poiché fa parte del carisma specifico dell’eremita la “separazione”, la partecipazione alla Laura non deve comportare alcun vincolo canonico, nemmeno di semplice Associazione di fedeli.

Info su Padre Domenico Maria Fabbian

Nato nel 1951, alunno del Seminario di Padova per 10 anni (1962-1972), laureato in medicina nel 1982. Monaco dal 1989, ordinato sacerdote nel 1994 e consacrato eremita nel 2000.
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2 risposte a Il carisma eremitico

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    Take care!!

  2. Quirico Francesco Pacelli scrive:

    Grazie Padre. Ho avuto l’immenso dono di poterLa conoscere oggi pomeriggio e Dio sa quanto Bene mi ha trasmesso.
    La Sua presenza, i suoi occhi socchiusi, l’invito al sorriso ed il Suo sorriso, le riflessioni, i consigli, la proposta di contribuire in orario notturno all’adorazione perpetua, Tutto.
    Porto ogni istante dentro al mio cuore e spero di poter trascorrere qualche momento con Lei presto; al tempo stesso ho paura di disturbarla e di sottrarre minuti preziosi alla sua Vita contemplativa e agli altri Fedeli in attesa di qualche prezioso momento con Lei.

    Grazie con tutto me stesso,
    Quirico Francesco Pacelli

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