La Riconciliazione

IL MINISTERO DELLA RICONCILIAZIONE

Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo
e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (2 Cor 5, 18).

INTRODUZIONE

1. Il versetto posto come sottotitolo, pur nella sua brevità, ci dà già in partenza tre spunti importanti sul tema della riconciliazione:
• innanzitutto ci dice che Dio interviene, facendo la Sua parte;
• ci dice poi che Dio ci chiede di fare la nostra parte;
• infine il termine “ministero” (diakonìa in greco), ci ricorda che non si tratta di un’azione semplice e saltuaria, ma di un compito articolato, continuo ed impegnativo.

2. Questo insegnamento sulla riconciliazione è la continuazione di un altro insegnamento, che abbiamo condiviso nel Giubileo del 2000: “L’arte del perdono”. Abbiamo visto allora che quando il perdono è fatto bene, porta sempre il cristiano a ritrovare la pace di Cristo e a crescere nella via dell’amore, anche se il “nemico” che gli ha fatto del male o che continua a fargli del male non cambiasse atteggiamento: diamo a questa situazione il nome di “perdono unilaterale”. Ma questo “perdono unilaterale” non è sufficiente per formare una comunità cristiana, perché in questa deve circolare l’amore di Cristo in modo reciproco: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15, 12). Stando così le cose, ogni membro della Comunità non deve accontentarsi di perdonare tutto, tutti e sempre – ed è già una bella impresa – ma deve assumere come suo compito specifico quello di collaborare con il Signore per suscitare nei fratelli e nelle sorelle con cui condivide il cammino di fede, quella risposta di pentimento, di perdono e di amore, che ancora fa difetto. Come pensare ed attuare tale collaborazione? La risposta a tale domanda è l’oggetto della presente catechesi: il tema è così importante che intendo offrirvi qualcosa di solido, e cioè una sintesi della teologia neotestamentaria della riconciliazione cristiana.

3. Il tema della riconciliazione si estende a tutta la storia della salvezza, perché dopo la rottura causata dal peccato dell’umanità, l’opera di Dio è stata una lunga e paziente ricerca di ristabilire con noi una nuova alleanza d’amore e di pace. Pur nella continuità tra i due Testamenti, su questo tema c’è un radicale salto di qualità tra l’Antico Testamento e il Nuovo; infatti:
• nell’Antico Testamento noi troviamo varie iniziative di riconciliazione tra Dio e il Suo popolo, ma:
• si tratta di alleanze bilaterali, in cui Dio condiziona la sua benedizione alla fedeltà del popolo;
• nel linguaggio biblico non compare mai né il termine riconciliazione né il verbo riconciliare-riconciliarsi;
• nel Nuovo Testamento, invece, la riconciliazione che il Padre offre all’umanità in Cristo è:
• un’Alleanza Nuova che sarà Eterna perché poggia solo su Dio (è quindi un’Alleanza unilaterale), e cioè sul Padre che dona all’umanità il proprio Figlio come mediatore di riconciliazione, e sul Figlio fatto uomo che, a nome dell’umanità, garantisce la fedeltà di tutti noi all’amore con il quale il Padre ci offre la Sua mirabile riconciliazione;
• presente nei diversi scritti come il cardine della missione di Cristo, anche se non viene elaborata con una riflessione articolata ed un linguaggio specifico; questo viene fatto invece da San Paolo – è lui il teologo della riconciliazione – in quattro testi fondamentali, che saranno la struttura portante di questo insegnamento: 2 Cor 5, 18-21; Rm 5, 10-11; Ef 2, 14-18; Col 1, 19-22);
• per quanto riguarda il linguaggio, a parte Mt 5, 24 in cui compare una sola volta il verbo riconciliarsi (gr. diallasso), è solo Paolo che usa 4 volte il sostantivo riconciliazione (gr. katallagè), e 9 volte il verbo riconciliarsi (gr. katallasso/apokatallasso), con una radice (allasso) che veicola un significato di cambiamento-permuta-ripristino, riferito in particolare alla pace.

4. Affronteremo il nostro tema in cinque tappe successive:
I. L’iniziativa del Padre
II. Il sacrificio di Cristo
III. La nostra collaborazione
IV. La parola della riconciliazione
V. Una duplice diaconìa
I. L’INIZIATIVA DEL PADRE

Che cosa ci insegna l’apostolo Paolo sulla riconciliazione?

A. Paolo ci insegna innanzitutto che la riconciliazione cristiana ha origine dal Padre: «Piacque a Dio di fare abitare in Lui – Cristo – ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1, 19-20). Il «piacque» esprime una volontà piena di benevolenza: infatti solo Dio, Padre e Creatore, poteva fondare una nuova relazione d’amore tra Lui e l’umanità peccatrice perché:
• l’umanità ribelle, nemmeno desiderava ritornare a Dio;
• l’umanità pentita, non era capace di riparare il peccato e non meritava più l’amicizia di Dio.

B. La riconciliazione donata dal Padre consiste:
• nella remissione dei peccati: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe» (2 Cor 5, 19); questo perdono è un atto di misericordia perché:
o precede ogni pentimento umano: «Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito» (Rm 5, 6); Dio non pone alcuna condizione previa;
o scavalca ogni logica di giustizia, perché l’espiazione dei peccati ricade sull’unico Uomo (il Verbo fatto carne, l’Unigenito Dio per natura, fatto uomo nel grembo della Vergine Maria) innocente: «Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2, 1-2);
o annienta tutti i peccati di tutti gli uomini: «Come per la disobbedienza di uno solo – Adamo – tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo – il nuovo Adamo, Cristo – tutti saranno costituiti giusti» (Rm 5, 19);
è importante sottolineare che il Padre agisce solo per misericordia, perché: [1] solo così la riconciliazione è accessibile a tutti; [2] noi non possiamo sperimentare la riconciliazione, e così far rinascere l’amore fraterno in una Comunità divisa, se non mettendo in programma quella conversione che ci renda veramente misericordiosi;
• nell’offrire ancora all’umanità la possibilità di una nuova relazione d’amore con Lui:
o fondata su una grazia sovrabbondante: «Laddove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5, 20); questa grazia è il dono di un «cuore nuovo» e di uno «Spirito nuovo» promesso da Dio per bocca dei profeti Geremia ed Ezechiele (Ger 31, 33; Ez 36, 26);
o che rende i discepoli di Cristo «figli adottivi di Dio» (Rm 8, 14-16), «concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19).

C. Il Padre opera la riconciliazione con l’umanità peccatrice per mezzo di Cristo: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2 Cor 5, 21).

II. IL SACRIFICIO DI CRISTO

In che modo Cristo opera la riconciliazione di ogni uomo con Dio e con gli altri uomini? La risposta di Paolo è chiara, sorprendente e profonda: Cristo opera la riconciliazione «annullando la Legge» (Ef 2, 14-16).

A. Era necessario annullare la legge mosaica perché questa era divenuta causa di inimicizia tra:
• ebrei e pagani, in quanto i primi si consideravano un popolo privilegiato e separato dagli altri uomini, che essi ritenevano incirconcisi ed esclusi dai beni delle promesse divine (Ef 2, 11-12);
• Dio e gli ebrei perché questi, non avendo obbedito alla Legge, avevano tradito l’Alleanza del Sinai, offendendo Dio in modo irreparabile, divenendo suoi «nemici» (Rm 5, 10) e contraendo un «debito» (Col 2, 14) impossibile da estinguere.

B. In che modo Cristo ha annullato la Legge? L’ha fatto in due tappe:
• durante il suo ministero pubblico Cristo ha “annullato” la Legge non abrogandola – dice infatti esplicitamente: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire ma per dare compimento» (Mt 5, 17) – ma provocando il suo superamento, sostituendo alla logica della giustizia umana quella della misericordia divina; questo è particolarmente chiaro in Mt 5, 20-48, in cui Gesù esordisce così: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli»: v. 20; seguono sei esempi, che gli esegeti chiamano “antitesi”, in cui Gesù prende alcune disposizioni della legge mosaica e le “annulla” sostituendole con delle norme nuove; Gesù non cancella la Legge, lasciando un vuoto; prende la Legge fondata sulla giustizia e sul buon senso, e la sostituisce con una nuova legge fondata sulla misericordia (un amore più generoso nel fare il bene agli altri, un amore più benevolo nel sopportare-cancellare il male ricevuto dagli altri): l’esempio più chiaro è l’insegnamento sul perdono dei nemici: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?» (Mt 5, 43-46);
• nell’«ora» della Sua Pasqua Cristo ha obbedito al Padre che Gli ha chiesto di prendere su di Sé tutte le nostre trasgressioni alla Legge, e di pagarne tutte le conseguenze previste, con «la morte e la morte di croce» (Fil 2, 8): il Padre infatti «Lo trattò da peccato in nostro favore» (2 Cor 5, 21), «annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (Col 2, 14); Cristo dunque, ha “annullato” la Legge con la Sua Croce perché:
o avendo riparato le nostre disobbedienze con la Sua obbedienza – un’obbedienza a caro prezzo: Eb 5, 8 – ha impedito alla Legge trasgredita di continuare ad accusarci presso Dio, come ribelli, come Suoi nemici, perché alla Legge Lui ha restituito quello che le era stato tolto (l’obbedienza di Cristo opera un annullamento di fatto: il Suo «Sì» divino cancella i nostri innumerevoli «no» umani);
o la riparazione non è stata fatta, secondo le regole della giustizia, dagli uomini, i veri colpevoli, ma è stata fatta dal Figlio di Dio fatto uomo, unico uomo innocente, e per pura misericordia (l’innocenza di Cristo opera un annullamento di principio: non vale più la Legge della giustizia – chi sbaglia, paga – ma la Legge nuova della misericordia: quando uno si pente, il Padre condona gratuitamente, attingendo ai tesori infiniti dei meriti della Passione redentrice del Suo Figlio).

C. Cristo ha pagato di persona la Sua opera di riconciliazione:
• «distruggendo in se stesso l’inimicizia» (Ef 2, 16): Gesù non ha lottato contro i Suoi nemici o i nemici di Dio; non ha nemmeno attuato una mediazione neutrale tra Dio e noi; ha preso su di Sé la nostra inimicizia, la «nostra ostilità di peccatori» (Eb 12, 3) e l’ha distrutta rispondendo al male con il bene; qui sta il cuore ed il vertice della Sua opera di riconciliazione;
• il male che noi Gli abbiamo fatto è stato la «morte del suo corpo di carne […] con il sangue della sua croce» (Col 2, 20. 22), è l’averlo punito e sacrificato come un malfattore;
• il bene con il quale Lui ci ha risposto è:
o un perdono senza limiti, che ci ridona sempre la piena comunione con Lui e con il Padre;
o il dono dello Spirito Santo (Gv 7, 37-39) che ci abilita a collaborare all’opera della riconciliazione nella Chiesa e nel mondo.

III. LA NOSTRA COLLABORAZIONE

Paolo ci insegna ancora – in particolare in 2 Cor 5, 18-21 – che Dio ci chiede di collaborare all’opera della riconciliazione.

A. Pur essendo frutto di una misericordia gratuita e senza limiti, la riconciliazione perfetta e definitiva che Dio offre all’umanità in Cristo, non raggiunge il suo compimento finché non viene accolta; questa accoglienza è:
• necessaria: la necessità di questa risposta è legata alla natura stessa di ogni alleanza d’amore, che implica la reciprocità;
• duplice, perché noi dobbiamo:
o accogliere la riconciliazione, come il Padre ce la offre personalmente in Cristo;
o portare la riconciliazione cristiana a coloro che ancora non la conoscono e non la vivono.

B. La nostra collaborazione all’opera della riconciliazione è resa preziosa dal fatto che:
• è una esplicita richiesta di Dio (2 Cor 5, 18);
• è un aspetto essenziale della nostra conformazione a Cristo, Principe della Pace;
• da essa dipendono la pace e l’unità della famiglia umana (Ef 2, 14-17), come pure l’autenticità e la gioia dell’amore fraterno nella Chiesa e nelle sue comunità;
• non siamo graditi a Dio se ci presentiamo a Lui senza essere riconciliati tra di noi (Mt 5, 23-24).

C. La nostra collaborazione sarà autentica se realizzerà quattro condizioni:
a. lasciare che Dio «stabilisca in noi la parola della riconciliazione» (2 Cor 5, 19);
b. «parlare come ambasciatori di Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro» (2 Cor 5, 20);
c. «supplicare» (2 Cor 5, 20) perché la riconciliazione divina venga accolta da tutti;
d. adempiere «il ministero – gr. diakonìa – della riconciliazione» (2 Cor 5, 18).

IV. LA PAROLA DELLA RICONCILIAZIONE

Poiché la parola ha un ruolo fondamentale nella relazione tra persone, ha un ruolo fondamentale anche nella riconciliazione, che è l’impegno a ristabilire la relazione con Dio e con il prossimo, relazione compromessa dal peccato, che è la causa di ogni inimicizia. Poiché la riconciliazione cristiana è un’opera divina (che parte dal Padre, si compie nel Cristo e viene comunicata a noi per mezzo dello Spirito Santo), la parola che la fonda deve essere Parola di Dio. Ora, nel NT c’è un vero “Vangelo della riconciliazione”, come verità da accogliere e come esperienza da trasmettere.

A. Verità da accogliere: l’insegnamento di Gesù sulla riconciliazione è raccolto in modo particolare in quella parte del “discorso sulla montagna” (Mt 5, 20-48) che contiene l’unica utilizzazione evangelica del verbo “riconciliarsi” (v. 24) e che contiene sei esempi fondamentali dell’annullamento della Legge. In questo testo Gesù ci insegna fondamentalmente tre cose:
• prevenire le discordie e le divisioni: su questo punto Egli chiede ai Suoi discepoli di:
• non ferire il prossimo con le parole evitando ira, maldicenza (v. 22) e menzogna (v. 37);
• essere distaccati dai beni materiali in modo tale da saperli condividere (v. 42) e da consentire ad esserne privati anche ingiustamente, senza provocare un contenzioso giuridico (v. 40);
• subire la violenza piuttosto che farla (vv. 39. 41);
• vivere integralmente (vv. 27-28) e fedelmente (vv. 31-32) l’amore matrimoniale;
• sanare le divisioni già prodotte: per fare questo Egli ci chiede di:
• perdonare, cioè rispondere al male con il bene (vv. 43-47);
• fare il primo passo (vv. 23-24);
• agire tempestivamente (vv. 25-26), per evitare che il male si propaghi e diventi cronico.
• è necessario essere esigenti con se stessi (v. 29) e indulgenti con gli altri (v. 39).

B. Esperienza da trasmettere: per essere «ambasciatori» (2 Cor 5, 20) della riconciliazione in nome di Cristo è necessario che:
• la verità della riconciliazione sia ben radicata in noi (2 Cor 5, 19: il gr. ha il verbo tìthemi);
• abbiamo sulla bocca le stesse parole di Cristo;
• il nostro agire sia conforme all’esempio di Gesù, in particolare al Gesù della Passione, Morte e Risurrezione di Pasqua.

V. UNA DUPLICE DIACONÌA

Ad immagine del Cristo nostro Maestro e Signore, ci restano ancora due passi decisivi – i più importanti – per collaborare all’opera divina della Riconciliazione: la preghiera e il sacrificio.

A. La preghiera: consiste nel domandare il bene della riconciliazione:
• al Padre, sorgente di «ogni dono perfetto» (Gc 1, 17): la preghiera, infatti è il mezzo:
• che Gesù ci ha insegnato ad usare, pregando Lui, per primo, per l’unità dei Suoi: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17, 21-23);
• che giunge dove non arriva la parola e l’esempio, perché fa appello a Colui che tiene nelle Sue mani il cuore di tutti;
• al prossimo, perché ne faccia dono a Dio (2 Cor 5, 20), agli altri e a noi stessi.
Questa preghiera di domanda sarà tanto più paziente, insistente e fiduciosa, quanto più sarà grande il nostro amore per Dio (con il desiderio di darGli consolazione) e per il prossimo (con il desiderio di vederlo guarito).

B. Il sacrificio: il mondo – anche vicino a noi – trabocca ancora di inimicizia, per cui il Signore, che «ha ucciso l’inimicizia in se stesso» (Ef 2, 14), chiede anche a noi di offrire la nostra persona come “luogo” in cui viene messa a morte l’inimicizia, quella causata dall’ingiustizia altrui verso di noi, quella causata dalla nostra ingiustizia verso gli altri. Perché venga messa a morte in noi questa duplice ingiustizia, noi dobbiamo essere disposti, con l’aiuto di Dio, a «perdere la vita» come Cristo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire (gr. diakonèin) mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo» (Gv 12, 24-26). Questo sacrificio della vita che il Signore ci chiede:
• è la morte del nostro amor proprio, per cui rinunciamo a danneggiare il bene altrui (e se l’abbiamo fatto ci pentiamo e ripariamo), e se gli altri ci hanno danneggiato, rinunciamo a esigere il giusto risarcimento («perdoniamo di cuore» Mt 18, 35, e facciamo dono di quello che ci è stato tolto);
• è un vero amore di misericordia, un amore divino reso possibile in noi dallo Spirito Santo, l’unico amore che vince la divisione tra fratelli e attira con potenza ad una nuova concordia in Cristo: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). SIA LODATO GESÙ CRISTO!

Info su Padre Domenico Maria Fabbian

Nato nel 1951, alunno del Seminario di Padova per 10 anni (1962-1972), laureato in medicina nel 1982. Monaco dal 1989, ordinato sacerdote nel 1994 e consacrato eremita nel 2000.
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